Annuario 2019 Istat-ICE: dati positivi per l’export
Struttura ed evoluzione del commercio estero
Nel 2018, il commercio mondiale di beni, misurato in dollari ed espresso a prezzi correnti, è in aumento del 9,8% rispetto al 2017, a sintesi di un’espansione sia dei volumi scambiati (+2,8%) sia, in misura più marcata, dei valori medi unitari (+7,1%). Risulta in crescita anche il valore nominale dell’interscambio mondiale di servizi (+7,7%). Gli investimenti diretti esteri registrano invece una decisa diminuzione (-13,4%).
In questo quadro internazionale, l’Italia registra una crescita del valore in euro sia delle merci esportate (+3,1%) sia, in misura più ampia, di quelle importate (+5,6%). Queste dinamiche determinano una riduzione dell’avanzo commerciale (8,7 miliardi in meno rispetto al 2017) che, nel 2018, ammonta a 38,9 miliardi di euro. Al netto dei prodotti energetici, l’attivo commerciale è di 80,3 miliardi di euro, in lieve flessione sul 2017 (-958 milioni).
Nel 2018 diminuisce lievemente, da 2,92% a 2,85%, la quota di mercato dell’Italia sulle esportazioni mondiali di merci (misurata in dollari).
La quota dell’Italia sulle esportazioni mondiali è diminuita in misura più accentuata in alcune aree geografiche, in particolare Africa settentrionale (da 7,36% a 7,09%), Medio Oriente (da 3,27% a 3,05%) e Unione europea (da 4,91% a 4,81%). Sul fronte opposto, incrementi della quota si rilevano principalmente per Asia centrale (da 1,13% a 1,20%) e Paesi europei non Ue (da 5,88% a 5,94%).
Nel 2018 risultano in crescita sia le esportazioni nazionali di servizi (+5,5%) sia le importazioni (+3,7%). I flussi di investimenti netti diretti all’estero, misurati in euro, sono aumentati in misura molto marcata (+95,4%) e quelli in Italia hanno registrato un incremento ancora maggiore (+205,4%).
Germania e Francia si confermano nel 2018 i principali mercati di sbocco delle vendite di merci italiane, con quote pari, rispettivamente, al 12,6% e al 10,5% delle esportazioni nazionali. Gli Stati Uniti si collocano al terzo posto tra i paesi partner, con una quota del 9,2%; seguono Spagna (5,2%) e Regno Unito (5,1%). Tra i principali paesi, i mercati di sbocco più dinamici nel 2018 (incremento della quota sulle esportazioni nazionali pari o superiore a 0,2 punti percentuali rispetto al 2017) sono Svizzera, Paesi Bassi e Stati Uniti.
Per quanto riguarda i principali raggruppamenti di industrie, nel 2018 aumenta il deficit nell’interscambio di prodotti energetici (-41,4 miliardi da -33,6 miliardi nel 2017). Si rileva un aumento del saldo di beni di consumo non durevoli (+0,8 miliardi rispetto al saldo registrato nel 2017), beni strumentali (+0,2 miliardi) e beni di consumo durevoli (+0,1 miliardi) mentre diminuisce il saldo dei prodotti intermedi (-2,0 miliardi).
Tra i gruppi di prodotti manifatturieri in cui l’Italia detiene nel 2018 le maggiori quote sulle esportazioni mondiali di merci si segnalano: materiali da costruzione in terracotta (25,82%); cuoio conciato e lavorato, articoli da viaggio, borse, pelletteria e selleria, pellicce preparate e tinte (14,77%); pietre tagliate, modellate e finite (14,11%); prodotti da forno e farinacei (12,08%); articoli in pelle, escluso abbigliamento, e simili (11,07%); tubi, condotti, profilati cavi e relativi accessori in acciaio, esclusi quelli in acciaio colato (10,36%) e cisterne, serbatoi, radiatori e contenitori in metallo (10,33%). Rispetto al 2017 gli incrementi più rilevanti della quota sulle esportazioni mondiali si rilevano per supporti magnetici e ottici (da 2,16% a 3,78%). Tra gli altri prodotti con quote in aumento spiccano cuoio conciato e lavorato; articoli da viaggio, borse, pelletteria e selleria; pellicce preparate e tinte (da 13,84% a 14,77%); navi e imbarcazioni (da 4,35% a 5,26%).
La provenienza territoriale delle vendite sui mercati esteri si conferma fortemente concentrata nelle regioni del Centro-Nord, da cui proviene l’88,5% delle esportazioni nazionali, mentre il Mezzogiorno ne attiva il 10,6%. Nel 2018, la quota della Lombardia sulle esportazioni nazionali è pari al 27,4%, quella del Veneto e dell’Emilia-Romagna al 13,7% mentre la quota del Piemonte è al 10,4%. Rispetto al 2017, aumenti dell’incidenza sul totale dell’export si rilevano per le ripartizioni Italia Nord-orientale (da 32,2% a 32,6%), Italia insulare (da 3,3% a 3,6%) e Italia Nord-occidentale (da 39,5% a 39,6%).
Operatori economici del commercio estero
Nel 2018, 136mila operatori economici hanno effettuato vendite di beni all’estero. La loro distribuzione per valore delle vendite conferma la presenza di un’elevata fascia di “microesportatori”: 77.445 operatori presentano un ammontare di fatturato all’esportazione molto limitato (fino a 75 mila euro), con un contributo al valore complessivo delle esportazioni pari allo 0,3%. D’altra parte, 4.651 operatori appartengono alle classi di fatturato esportato superiori a 15 milioni di euro; questo segmento di imprese realizza il 72,1% delle vendite complessive realizzate dagli operatori sui mercati esteri.
Rispetto all’anno precedente, nel 2018 l’export degli operatori appartenenti alle classi di fatturato estero inferiore a 50 milioni di euro mostra una lieve flessione in valore (-0,2%). Questo risultato riflette alcune differenze interne a questo aggregato: sono in crescita le vendite all’estero degli operatori appartenenti alla classe di fatturato estero compresa tra 5 e 50 milioni di euro (+1,3%) mentre scendono le esportazioni degli operatori della classe compresa fra 750 mila e 5 milioni di euro (-3,5%) e di quelli che fatturano all’export meno di 750 mila euro (-7,3%).
Aumentano a un tasso superiore a quello medio le esportazioni degli operatori della classe di fatturato all’export più ampia (oltre 50 milioni di euro), che incrementano le vendite del 5,1%.
Nel 2018 è in aumento anche la concentrazione delle esportazioni realizzate dai primi mille operatori (da 50,7% a 51,2%). Risulta invece stazionaria la quota dei primi 100 operatori (24,7%) e dei primi 20 (11,9%).
Considerando gli operatori secondo i mercati di sbocco, il 47,4% di essi esporta merci verso un unico mercato mentre il 17,4% opera in oltre dieci mercati. La presenza degli operatori nelle principali aree di scambio commerciale è comunque diffusa: nel 2018 si registrano 80.372 presenze di operatori commerciali residenti in Italia nei paesi europei non Ue, 44.731 in America settentrionale, 43.069 in Asia orientale, 33.272 in Medio Oriente, 29.498 nell’area Ue, 26.212 in America centro-meridionale, 22.738 in Africa settentrionale, 22.466 negli Altri paesi africani, 18.209 in Oceania e altri territori e 16.919 in Asia centrale.
Con 38.894 presenze all’estero, il settore dei macchinari e apparecchi n.c.a. detiene il numero più elevato di operatori all’export nel 2018. Seguono gli articoli in gomma e materie plastiche, altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi con 29.251 presenze, i settori dei metalli di base e prodotti in metallo, esclusi macchine e impianti, con 28.807 presenze e i prodotti tessili, abbigliamento, pelli e accessori con 28.766.
I primi cinque paesi per numero di presenze di operatori commerciali italiani sono Svizzera (circa 52 mila), Stati Uniti (circa 41 mila), Germania (oltre 40 mila), Francia (circa 40 mila) e Spagna (circa 32 mila). Si segnala un numero elevato di operatori anche in Regno Unito (oltre 28 mila), Polonia (oltre 24 mila) e Austria (circa 24 mila).
Le regioni con il maggior numero di operatori all’export sono Lombardia (circa 58 mila), Veneto (oltre 25 mila), Emilia-Romagna (circa 20 mila), Toscana (oltre 18 mila) e Piemonte (circa 16 mila).
Struttura e performance economica delle imprese esportatrici
Nel 2017, sono attive 125.920 imprese esportatrici: nel 49,9% dei casi si tratta di imprese manifatturiere (con un peso dell’82,4% sul valore complessivo delle esportazioni delle imprese industriali e dei servizi), nel 38,2% di imprese commerciali e nell’11,9% dei casi di imprese che operano in altri settori.
Il contributo delle imprese alle esportazioni nazionali cresce sensibilmente all’aumentare della dimensione aziendale, espressa in termini di addetti. Le grandi imprese esportatrici (1.873 unità con almeno 250 addetti) hanno realizzato il 47,9% delle esportazioni nazionali, le medie imprese (50-249 addetti) il 29,8% e le piccole imprese (meno di 50 addetti) il 22,3%. Rispetto al 2016, diminuisce lievemente l’incidenza sul complesso dell’export delle imprese con 500 e più addetti (da 34,9% a 34,5%) e tra 100 e 249 addetti (da 18,1% a 17,9%) mentre aumenta tra quelle con 250-499 addetti (da 12,5% a 13,5%) e tra le imprese con 50-99 addetti (da 11,8% a 11,9%).
Nell’ambito della manifattura (62.792 imprese esportatici), il 43,0% delle aziende esporta meno del 10% del fatturato mentre solo il 10,9% destina ai mercati esteri una quota pari o superiore ai tre quarti delle vendite. L’incidenza delle imprese marginalmente esportatrici si riduce notevolmente all’incrementarsi della dimensione dell’impresa, rimanendo comunque rilevante per le medie (18,7% delle imprese tra 50 e 249 addetti) e grandi imprese (12,6% di quelle con 250 addetti e oltre). Una quota significativa di imprese con una propensione elevata sui mercati esteri (pari o oltre il 50% ma inferiore al 75%) appartiene al segmento delle grandi imprese (32,8%).
Sempre con riferimento alla manifattura, le imprese esportatrici presentano una propensione media all’export che si incrementa progressivamente al crescere della dimensione d’impresa.
Tuttavia la propensione risulta già elevata fra le micro-imprese (27,7%) e superiore al 40% fra le medie e le grandi. Per le imprese esportatrici i differenziali sono sensibilmente positivi rispetto alle unità non esportatrici in termini di costo unitario del lavoro e ancor più di produttività apparente del lavoro (valore aggiunto per addetto). Questi risultati sono solo in parte riconducibili alle differenze dimensionali tra queste due sotto-popolazioni di imprese.
La localizzazione delle imprese industriali a controllo estero in Italia
Il valore aggiunto industriale realizzato dalle multinazionali estere in Italia si concentra per il 45,7% nell’Italia Nord-occidentale, seguono l’Italia Nord-orientale (24,4%), l’Italia centrale (17,3%) e il Mezzogiorno (10,2%). Le regioni che forniscono il più ampio contributo sono Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna, Veneto e Lazio.
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