Expo 2025, Mangaka all’italiana

C’è un filo d’inchiostro che unisce l’Emilia-Romagna al Giappone. È quello dei manga, le storie disegnate che da Tokyo a Bologna attraversano linguaggi, generazioni e culture. Sempre più artisti e appassionati emiliano-romagnoli si confrontano con il mondo del fumetto giapponese, reinterpretandone i codici e trasformandoli in nuove forme di racconto, capaci di parlare anche di identità e di territori. Siamo a Osaka, al Padiglione Italia dell’Expo 2025, dove la Regione Emilia-Romagna è protagonista di una settimana dedicata alla creatività, all’innovazione e ai legami culturali. Tra gli appuntamenti più originali, l’incontro “Mangaka all’italiana: storie d’inchiostro tra Giappone ed Emilia-Romagna”, promosso dall’Asia Institute. Un dialogo tra artisti che hanno costruito ponti tra due tradizioni forti e riconosciute: quella giapponese del manga e quella italiana del fumetto e della graphic novel. Tra loro Andrea Accardi, fumettista e illustratore italiano e Keiko Ichiguchi, fumettista giapponese arrivata a Bologna negli anni Novanta.
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Trascrizione

C’è un filo d’inchiostro che unisce l’Emilia-Romagna al Giappone. È quello dei manga, le storie disegnate che da Tokyo a Bologna attraversano linguaggi, generazioni e culture. Sempre più artisti e appassionati emiliano-romagnoli si confrontano con il mondo del fumetto giapponese, reinterpretandone i codici e trasformandoli in nuove forme di racconto, capaci di parlare anche di identità e di territori.

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Siamo a Osaka, al Padiglione Italia dell’Expo 2025, dove la Regione Emilia-Romagna è protagonista di una settimana dedicata alla creatività, all’innovazione e ai legami culturali. Tra gli appuntamenti più originali, l’incontro “Mangaka all’italiana. Storie d’inchiostro tra Giappone ed Emilia-Romagna”, promosso dall’Asian Institute.

Un dialogo tra artisti che hanno costruito ponti tra due tradizioni forti e riconosciute: quella giapponese del manga e quella italiana del fumetto e della graphic novel. Tra loro c’è Andrea Accardi, fumettista e illustratore italiano che vive a Bologna, e che ha saputo intrecciare nel proprio lavoro la passione per la cultura giapponese e l’esperienza maturata nel mondo del fumetto d’autore. Con lui ripercorriamo le radici di questa fascinazione, nata negli anni Ottanta davanti agli schermi della televisione italiana, quando i primi anime giapponesi cambiarono per sempre l’immaginario di un’intera generazione.

Il mio interesse per i fumetti è da quando sono nato, perché mio padre era un appassionato, quindi mi ha trasmesso questa passione. Però in realtà il botto c’è stato con la prima invasione degli anime giapponesi in Italia. Io sono del ’68, quindi all’inizio degli anni Ottanta avevo proprio l’età giusta per assorbire tutti i personaggi giapponesi.

Da lì è iniziato il mio interesse prima per il disegno degli anime. I fumetti ancora non c’erano, i manga non erano ancora arrivati. Poi, quando poco a poco in Italia sono arrivati, ho potuto leggerli e piano piano il mio stile – che ancora non esisteva del tutto – si è avvicinato sempre di più a quello del disegno giapponese. Ho già lavorato a storie ambientate in Giappone, sia nel Giappone moderno che in quello antico, nel periodo Edo. Per me questo è veramente un viaggio della vita.

Bene, ma che collegamento c’è tra la creatività italiana e quella giapponese?

In Italia la cultura visiva, forse per alcuni anni, si è limitata ai grandi nomi dell’arte. Però devo ammettere che negli ultimi tempi c’è stato un interesse crescente anche per il fumetto e per la graphic novel. Oggi, in questo incontro, proviamo a rinnovare il legame tra Italia e Giappone.

E poi, una curiosità inevitabile: perché i manga non hanno gli occhi a mandorla?

«Quando ero piccolo me lo chiedevo anch’io! In realtà i giapponesi volevano evocare un po’ l’immaginario occidentale. Però, ti dico la verità, col tempo ho notato che quegli occhi grandi che disegnano spesso sono proprio gli occhi dei giapponesi. Hanno una capacità di sintesi straordinaria: nel tratto riescono a far capire espressioni, sentimenti, azioni.»

Il viaggio di Andrea Accardi è personale, ma anche collettivo. Quello di una generazione di artisti italiani che hanno trovato nel Giappone una sorgente inesauribile di suggestioni, colori, ritmi e sensibilità.

Ma c’è anche chi questo viaggio lo ha compiuto in direzione opposta, dal Giappone all’Italia, per riscoprire qui, in Emilia-Romagna, una nuova libertà creativa. È la storia di Keiko Ichiguchi, fumettista giapponese arrivata a Bologna negli anni ’90. Qui, quasi per caso, ha trovato non solo una nuova casa, ma anche un punto di rinascita artistica.

Lavoravo come fumettista in Giappone e poi ho deciso di lasciare il Paese, perché non riuscivo più a continuare con quel lavoro. Cercavo una città dove imparare bene l’italiano – mi ero laureata in lingua italiana – e ho chiesto consiglio a un professore della mia università: Dove posso andare per imparare bene l’italiano? In una città sicura e dove non ci siano troppi giapponesi. Lui mi ha consigliato Bologna.

Sono arrivata per caso, e ho scoperto che era il centro di importazione dei fumetti giapponesi. Questo mi ha fatto tornare nel mondo del fumetto. Gli altri dicono che è stato il mio destino.

Senza Bologna e senza la Fiera del Libro per Ragazzi, i fumetti giapponesi non sarebbero arrivati in Italia. È stato un punto fondamentale: Bologna ha davvero collegato due mondi, quello dei fumetti italiani e quello giapponese.

Se non ci fosse stata Bologna, non sarei rimasta così a lungo in Italia, né avrei ricominciato a fare fumetti. Mi sono trovata per caso con i ragazzi di K-Boys, che si impegnavano a importare i manga, e abbiamo iniziato a collaborare. Nessuno mi ha mai chiesto di cambiare stile: anzi, in quel momento l’Italia voleva abbracciare quello stile giapponese. Ho solo cambiato il verso di lettura!

Vorrei continuare a collaborare con disegnatori italiani e occidentali, ma voglio scrivere io le storie. Trovo molto interessante questa contaminazione.

Da Osaka a Bologna, dalle matite di Andrea Accardi alle tavole di Keiko Ichiguchi, abbiamo tracciato un racconto che parla di incontro, contaminazione e curiosità reciproca. Matite che attraversano il tempo e lo spazio, intrecciando due culture che, pur lontane, condividono lo stesso rispetto per l’arte, la narrazione e la cura del dettaglio.

Il fumetto, in fondo, è un linguaggio universale: una grammatica di segni e silenzi che sa unire, spiegare, emozionare. E proprio in questa lingua comune, fatta di tratti, sfumature e storie, l’Emilia-Romagna ritrova il suo ruolo di ponte tra mondi, laboratorio di creatività e territorio capace di dialogare con l’Oriente più profondo.

A Osaka, durante la settimana dedicata alla Regione Emilia-Romagna al Padiglione Italia dell’Expo 2025, questo legame è diventato visibile e tangibile: un dialogo tra artisti e istituzioni, tra chi crea e chi promuove cultura, che mostra come l’incontro tra Giappone e Italia possa generare nuove forme di espressione e nuovi modi di raccontare il mondo.

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ultima modifica 2025-10-24T07:28:41+01:00
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